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May 03, 2024

The Equalizer 3, recensione: un deludente massacro di Denzel

Il torvo vigilante di Washington uccide innumerevoli mafiosi e piega molti tovaglioli in questo sanguinoso trequel. Ma è difficile preoccuparsene

L'Equalizer 3 inizia a metà del bagno di sangue. Mafiosi uccisi ricoprono le sale di un'azienda vinicola siciliana: gole tagliate, machete conficcati nei teschi. Un uomo, ovviamente, è la fonte di tutto questo: Robert McCall (Denzel Washington), che si vede per la prima volta seduto su una sedia dallo schienale alto, con la testa luccicante mentre aspetta che arrivi il Don Corleone di questa operazione.

Non c'è alcun preludio alla furia, quindi dobbiamo solo supporre che questa squadra stia ottenendo ciò che merita: ormai, se McCall sta pareggiando o se ne sta andando su uno deve essere preso sulla fiducia. Gli spettatori della serie finora, basata sul dramma sui vigilanti di Edward Woodward degli anni '80, sanno che McCall non perde tempo, parole o tovaglioli, che vengono piegati scrupolosamente ogni volta che compaiono.

Dato che l'intero film è ambientato in Italia, McCall riesce a riordinare le tovaglie fuori dalle trattorie ancor più di quante ne mette via dagli scagnozzi – ad esempio, colpendo con decisione la canna di una pistola nel cervello di un aggressore, quindi sparando a un altro nella parte posteriore del ragazzo morto. cranio.

Gomorra o non Gomorra, l'immaginaria cittadina balneare di Altomonte (interpretata da Positano) è diventata il luogo preferito di McCall per nascondersi. Si sparse rapidamente la voce di una sua preferenza per “no Gomorra”: non nasconde il suo disappunto per gli attacchi incendiari ai pescivendoli in difficoltà. Dietro quell'espressione accigliata di Washington, ticchetta una bomba a orologeria.

La sua copertura salta non appena trasmette le informazioni telefonicamente a un'agente della CIA di nome Emma Collins, interpretata da una Dakota Fanning mal servita. Le anfetamine prodotte dall'Isis vengono trafficate dalla Siria in bottiglie di vino false, i cui proventi vanno alle cellule terroristiche. Fanning, che qui può solo sognare di essere Julia Stiles nella serie Bourne, sembra stranamente lenta nel collegare due più due, date tutte le prove del mondo reale di questo esatto traffico di droga scoperto nel 2020.

"Perché io?" interroga Washington di persona, alla quale la risposta vera, anche se non detta, è "abbiamo recitato insieme in Man on Fire (2004) di Tony Scott quando avevi nove anni - una riunione sembrava carina". Fanno qualche gioco astuto tra loro nella sceneggiatura di Richard Wenk, ma non collaborano mai in modo significativo, e i cittadini italiani sono magri come un grissino.

Washington – Man on Simmer – si mantiene sveglio con alcune battute divertenti e staccate. Ma le raffiche di violenza inutilmente sadica vengono dispensate in modo frastagliato, rovinando l’accumulo. Registriamo molti presagi cattolici sul massacro che grava sull'anima di McCall; non ci interessa.

Il climax deludente lo contrappone a un boss solitario, circondato da ridicole quantità di statue antiche. In termini di portata, posta in gioco e impatto, il tutto risulta emaciato rispetto al secondo film di Equalizer, con il suo carnoso scontro a mezzogiorno di fuoco in una burrasca. Questa volta è un'offerta che puoi e probabilmente dovresti rifiutare.

15 certificati, 109 min

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